Orario e antiorario

Massimo Angelini

ORARIO E ANTIORARIO
Tracce per una ricerca sul senso del moto circolare nella natura, nell’arte e nel culto [*]

Sull’argomento, raccolgo da tempo suggestioni, testimonianze e riflessioni nella prospettiva di un testo compiuto. Presento qui, in una prima forma, germi di intuizioni, indirizzi di ricerca, appunti per una mappa bibliografica, non argomenti conclusi. Così, in difetto di una strategia argomentativa matura, non mi soffermo, come altrimenti dovrei, sull’annotazione del testo.

I rampicanti si avvitano intorno a cosa li sostiene secondo un verso costante che, nel percorso della crescita, segue un senso antiorario. Così i fagioli, i convolvoli, le liane; così i pampini che ancorano le viti maritate.
Ho preso una pianta di fagiolana, Phaseolus coccineus, già sviluppata intorno a una rama, l’ho sciolta dal suo sostegno e l’ho riavvolta con il senso di rotazione invertito, in senso orario. La pianta è scivolata a terra come senza forza, e nei giorni successivi si è mossa rettile e radente. Quando l’ho riadagiata sulla rama in senso antiorario, si è di nuovo attaccata e, seguendo lo stesso verso, ha ripreso a salire verso l’alto.
Questo pare succeda nel nostro emisfero come dall’altra parte dell’equatore. Per poco che ho potuto osservare, qui da noi così come in Brasile i rampicanti salgono in senso antiorario.
Anche nelle rughe di alcune cortecce si può osservare uno sviluppo che da sinistra in basso muove in alto verso destra, ancora in senso antiorario. Solo di rado e in aree molto esposte e battute da un forte vento costante ho letto nelle cortecce uno sviluppo differente. Il senso di crescita antiorario normalmente decifra lo sviluppo alternato dei rami sugli alberi.
Tutto questo non richiede di essere dimostrato, perché vive sotto lo sguardo di tutti; e quando succede che qualcosa è alla portata di ogni sguardo, rispetto alla fedeltà dell’osservazione diretta e condivisa, qualunque dimostrazione è ridondante e, al peggio, fa regredire la conoscenza verso l’astrazione.

Al contrario: in condizioni di relativa quiete e in assenza di forze esterne, l’acqua scende, negli scarichi, così come nei vortici e nei mulinelli, in senso opposto, avvicinandosi all’osservatore da destra e allontanadosi verso sinistra; per dirla in altro modo, si muove seguendo la mano sinistra, ovvero in senso orario. Per quanto finora ho osservato e ho saputo, anche questo verso del moto dell’acqua in discesa è lo stesso qui e sotto l’equatore: ma il fenomeno è ancora poco studiato.
Il moto circolare anima la danza dei dervisci, danza che accompagna all’estasi seguendo la rotazione a mano destra, antioraria. E antiorario è il normale senso di rotazione del ballo in coppia, e delle coppie che girano nel tondo della balera. E così muove la giostra dei bambini, come tutto quanto sia capace di sospenderci e per pochi attimi fermi la nostra caduta nell’imbuto del tempo.
Il moto orario, per noi che osserviamo il sole sulla proiezione dell’equatore, è tipicamente quello descritto dal suo arco diurno e, per analogia, dalle lancette dell’orologio.
I tornadi, vortici d’aria che dal cielo scendono verso terra, ruotano in senso orario nel nostro emisfero e in senso antiorario in quello opposto. I turbini che da terra salgono in aria si comportano in senso contrario rispetto ai tornadi. Pare che anche il volo degli uccelli conosca questa tendenza; lo noto quando il cielo e la pressione atmosferica si abbassano e si avvicina la pioggia: gli uccelli rompono le file, scendono e iniziano a volare in cerchio disegnando spirali in entrambi i sensi: orario e antiorario, ma forse in modo tutt’altro che confuso e indifferente, come a un primo sguardo potrebbe sembrare. Ho osservato che quelli che muovono in senso antiorario prendono leggermente quota, mentre quelli che ruotano nel senso opposto leggermente scendono. Su questo fenomeno non ho ancora riunito un numero convincente di osservazioni, né ancora ho trovato riscontri nella letteratura etologica: c’è bisogno di cercare ancora.
Comportamenti costanti nel senso del moto circolare si leggono in natura come nei comportamenti quotidiani, nella liturgia come nell’arte. Che tutto questo non sia stato oggetto di studio o di riflessione approfondita forse vuole solo dire che non è rilevante, che non c’è alcun principio che disciplini il verso delle cose nel loro movimento, come invece a me pare di notare. O forse vuole dire che tutto questo è conforme a un aspetto della realtà così evidente da non meritare attenzione. Del resto nessuno sente la necessità di spiegare l’importanza di inspirare ed espirare ritmicamente l’aria durante la veglia e quando si dorme; e la letteratura sull’acqua da bere è decisamente più contenuta ripetto a quella dedicata al vino o a qualunque altra bevanda artefatta. Che il respiro e l’acqua siano necessari alla vita è così evidente a tutti che nessuno sente la necessità di approfondirlo e argomentarlo.
Ma facciamo un passo avanti. Il monastero di Sabiona, vicino Klausen, è la prima gemma dell’evangelizzazione in val Pusteria. Sulle pareti della chiesa della Santa Croce si possono leggere due percorsi ben distinti: in basso una via Crucis – il racconto per immagini della passione e della morte del Cristo – e in alto una via Lucis – il racconto per immagini della sua resurrezione e ascensione al Cielo. Il primo è dedicato agli avvenimenti che precedono e culminano nel Venerdì santo; il secondo a quelli della Pasqua e del tempo che l’accompagna. Sulla pareti della chiesa, la via dolorosa inizia nell’estrema parte destra dell’unica navata, scende verso l’ingresso e prosegue sulla parte sinistra fino alla prossimità del presbiterio, dov’è l’altare; al contrario, la via gloriosa, dipinta sopra la via Crucis, parte a sinistra e, passando per la parte occidentale della chiesa (quella dove si apre l’ingresso), prosegue lungo la parete destra. La via Crucis si sviluppa in senso orario, la via Lucis in senso antiorario. Così è nella consuetudine. Anche se pare che non esista una regola canonica, è frequente che la via Crucis si sviluppi in senso orario; il caso opposto è raro: ho visto poche volte il percorso della via Crucis disposto in senso antiorario e, peraltro, i pochi casi riguardano formelle, non dipinti, affisse negli ultimi due secoli. Ma questo non deve stupire, perché in epoca recente di ordini, orientamenti e gerarchie si è smarrita la ragione.
Le chiese che dovrebbero essere orientate con l’abside rivolta verso l’oriente equinoziale o verso l’oriente  segnato dal sole nel giorno della fondazione oppure nel giorno dedicato al santo titolare, oggi sono costruite in ossequio al piano regolatore e disposte senza criterio canonico solo per ragioni di necessità e di convenienza.
Così la distinzione, nella navata, tra il lato degli uomini (quello destro per chi entra in chiesa: il più importante) e quello delle donne (il lato sinistro) oggi è non solo disattesa ma anche non più conosciuta.
Allo stesso modo si è smarrita la differenza nelle posizioni dedicate alla lettura della Lettera (cornu epistolae, a destra dei fedeli) e quella del Vangelo (cornu evangeli, alla loro sinistra). La lettura evangelica sul lato meno eminente della chiesa (il sinistro rispetto ai fedeli) presenta una contraddizione solo apparente. Infatti bisogna comprendere che sul presbiterio, l’area riservata al sacerdote, l’orientamento è rovesciato rispetto a quello della navata occupata dai fedeli. Lo spazio sacro – come rende chiaro il confine dell’iconostasi nel tempio ortodosso – è un altro spazio rispetto a quello profano, e in questo spazio-altro il senso delle cose è invertito: il posto in cornu evangeli ripetto ai fedeli è a sinistra, ma rispetto all’altare, che riorienta il presbiterio, è a destra, sul lato eminente.
Le processioni della Settimana Santa e le processioni rogazionali, in particolare quelle che avvengono ad limina, lungo i confini, a loro volta seguono un verso di circumambulazione che, rispetto alla direzione del movimento e come se il percorso fosse visto dall’alto, può essere letto in alcuni casi come orario, in altri come antiorario. Non è facile comprendere la ragione del senso della direzione, se sia casuale o canonico o comunque legato a una diversa ragione. Anche in questo caso la ricerca impone il confronto di un rilevante numero di esempi. Tuttavia si può osservare che le processioni che precedono il Venerdì santo muovono sul terreno in senso orario: a Vrboska, in Croazia, dal XVI secolo, la sera del Giovedì santo, sei processioni partono contemporaneamente e contemporaneamente toccano le 6 rispettive parrochiali muovendosi in senso orario. Invece nelle nostre terre le processioni legate alle rogazioni, nel giorno della Croce (3 maggio) o nei tre giorni immediatamente precedenti l’Ascensione, si muovono in senso antiorario.

Ancora una volta pare di intravedere che tutto quanto va verso il basso (l’acqua, il tornado), verso la morte (la via Crucis, la processione del Venerdì santo), nella direzione del tempo, verso la terra, verso l’umano o, più in giù, verso gli inferi, muova “di mano sinistra”, in senso orario. Invece quanto va verso l’alto (i rampicanti, i turbini), verso la rinascita (la via Lucis, le processioni dell’Ascensione), fuori dal tempo, verso il cielo, verso il divino, muova “di mano destra”, in senso antiorario. Orario è il senso della discesa, antiorario quello della salita. Pongo che questa sia una legge costante, forse universale o forse legata in misura preminente al nostro emisfero e per questo orientata dall’analogia con cosa avviene in natura. E pongo che questa legge valga come in natura, così nell’arte, nel culto, ma anche nei tratti del senso comune e della vita quotidiana. Si avvita (si va in profondità) in senso orario e si svita in senso antiorario: forse questa non è solo una convenzione o la conseguenza di un costume destrimano, ma l’allineamento con l’ordine profondo delle cose.
La polarità di antiorario e orario corrisponde precisamente  a quella di destra e sinistra: muoversi in senso antiorario corrisponde a muoversi “di mano destra”, e viceversa per cosa riguardi il senso orario. “Antiorario” è associato al movimento verso l’alto, così come “destro”, nel suo significato assiologico, è associato alla posizione d’onore, alla giustizia, alla rettitudine (right è “diritto” e “destro”), all’abilità (destrezza); “sinistro” è invece associato al lato curvo, oscuro, nefasto, talvolta diabolico, alla caduta.
Nel girotondo dei bambini, si ruota a sinistra se si vuole cadere prima, a destra se si vuole girare più a lungo. Ricordo che da bambino facevo così.
E la Bibbia riporta numerosi e sempre coerenti esempi legati al significato assiologico di destra e sinistra. La profezia di Gesù nel vangelo di Matteo (31-42) è esplicità:

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, allora siederà sul suo trono di gloria. E tutte le nazioni saranno convocate davanti a lui. Separerà le persone come un pastore separa le pecore dalle capre, e metterà le pecore alla sua destra e le capre alla sua sinistra. Poi il Re dirà a quelli della sua destra: “Venite, benedetti da mio Padre, entrate nel Regno preparato per voi fin dall’inizio del mondo […]”. Poi dirà ai malvagi alla sua sinistra: “Andatevene, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli […]”.

Lo stesso segno della croce presenta due versioni principali: quella in uso nella Chiesa cattolica romana, dove la mano destra aperta (ed è la destra che segna, come destra è la mano che benedice) tocca prima la fronte, poi il petto, poi la spalla sinistra e quindi quella destra. Se si guarda bene, di fronte a sé, è un andamento di tipo orario. Invece nel culto ortodosso il gesto si compie capovolto: la mano destra, con le prime tre dita riunite e le altre due ripiegato sul palmo (la Trinità e le due nature del Cristo), tocca prima la fronte, poi il ventre, poi la spalla destra e quindi quella sinistra, disegnando un movimento antiorario.
Tutto questo potrebbe essere messo in relazione con il fatto che con il secolo XIII nel mondo cattolico ci si sofferma più sulla passione e sulla morte di Gesù (da quel tempo il Cristo crocefisso, in Occidente, è raffigurato non più regale e glorioso, ma sofferente fino all’agonia e alla morte), mentre nel mondo ortodosso la passione e la morte restano in secondo piano rispetto alla Resurrezione. A un primo sguardo rivolto alla scrittura delle icone, pare che il movimento di oggetti, alberi, corpi e montagne raffigurate segua diverso orientamento se si tratta d’icone della crocefissione e della discesa agli inferi, da una parte, e di icone della resurrezione e della gloria. Sono solo spunti di ricerca: è necessario cercare di più.

La discesa agli inferi nelle versioni fiorite nel campo della letteratura potrebbe essere un buon banco di prova per testare l’ipotesi che associa il senso orario e la preminenza della mano sinistra alla discesa e il senso antiorario e la preminenza di quella destra alla salita. È un peccato che nel mito di Orfeo, nell’Eneide, nei Vangeli apocrifi (là dove si parla della discesa di Gesù agli inferi) non si diano esplicite tracce per comprendere quale fosse il senso del moto in discesa. Ma tutto diventa chiaro nella Commedia, dove Dante e Virgilio si muovono diversamente nell’inferno e nel purgatorio. Mentre scende lungo le pareti interne della voragine che conduce ai gironi più profondi, più volte Dante afferma di intraprendere il cammino “di mano sinistra” (in senso antiorario).

Appresso mosse a man sinistra il piede:
lasciammo il muro e gimmo inver’ lo mezzo
per un sentier ch’a una valle fiede. (X, 133-136)

In questo luogo, de la schiena scossi
di Gerïon, trovammoci; e ‘l poeta
tenne a sinistra, e io dietro mi mossi. (XVIII, 19-21)

Noi discendemmo in su l’ultima riva
del lungo scoglio, pur da man sinistra;
e allor fu la mia vista più viva. (XXIX, 52-54)

E così ancora in Inferno: XIV, 124-127 e XXXI, 82-84.
Al contrario, la risalita circolare sulla montagna del purgatorio avviene “per mano destra” (in senso antiorario).

… ma fu detto: «A man destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
possibile a salir persona viva. (XI, 49-51)

E già venuto a l’ultima tortura
s’era per noi, e vòlto a la man destra,
ed eravamo attenti ad altra cura. (XXV, 108-110)

Se torniamo alla danza dei dervisci possiamo osservare che durante la rotazione che conduce all’estasi, volta in senso antiorario, ma anche che, durante la rotazione, i danzatori tangono la mano destra alta, con il palmo rivolto verso il cielo, e la mano sinistra bassa, con il palmo rivolto verso terra.
“Antiorario”, “destro”, e poi, per analogia o per forzata estensione ancora “nord”, “esterno”, “alto”, “esteso”, “ditritto” “maschile”. Dall’altra parte: “orario”, “sinistro”, e poi per la stesa analogia ed estensione ancora “sud”, “interno”, “basso”, “profondo”, “curvo”, “femminile”.
Si potrebbero portare altri esempi, ma come ho premesso qui mi fermo a presentare una traccia di ricerca che in seguito potrà essere raffinata, ampliata e conclusa in altra forma.

Se il significato assiologico di sinistra e destra, di orario e antiorario ha un senso estensibile al generale ordine delle cose, allora viene il sospetto, e vorrei capire come verificarlo, che il fumo dell’incenso o il fuoco del sacrificio salgono in senso antiorario; che nello stesso senso muove l’ascesi; che, al contrario, la luce increata, la grazia, i simboli (che della luce sono creature) scendono in senso orario, ammesso che tutto questo voglia dire qualcosa. E se tutto questo volesse dire qualcosa, chissà che non si possa mostrare che la parola di verità e la preghiera muovono in senso antiorario, mentre la volgarità e la bestemmia in senso orario; chissà che non si possa trovare il modo di parlare di un senso di rotazione della scrittura, della narrativa, della pittura, magari del suono, per arrivare a dire che il canto gregoriano sale di mano destra, mentre la musica dura e sovraeccitata del nostro tempo scende di mano sinistra. E altro ancora.

Sottovoce osservo che, come per i rampicanti, l’acqua, i turbini e la danza, tutto questo ha a che fare con l’evidenza ed è alla portata di chiunque voglia guardarlo e, guardando, entrare in relazione con la realtà così com’è e si coglie, e ben al di qua di quanto ci è dato tradurre in formule e parole.
Sì, perché le cose, così come sono dalla fondazione del mondo, sono evidenti a tutti gli uomini, un po’ meno a chi fra sé e il mondo ha frapposto troppe letture.
In entrambi i casi le eccezioni non rilevano.
Sono “evidenti”, non “velate” – come ama pensare chi si sente “eletto”, votato alla conoscenza e al disvelamento di cosa ai più crede nascosto (o precluso) –, ma non per questo semplici da cogliere e comprendere, perché l’evidenza è oscurata dall’ideologia, dall’idolatria, dalla superstizione, e da tutto quanto ci chiude nelle nostre fantasie e ci impedisce di entrare in relazione con la realtà, simbolica e percià unitaria e concreta. Detto con altre parole, se c’è un “velo” che non permette di guardare le cose come sono questo non è sulle cose e sulla loro essenza, ma semplicemente sui nostri occhi.

TRACCIA BIBLIOGRAFICA

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[*]      Relazione al convegno di studi La divina proporzione: bellezza e perfezione nella natura, Genova, 18-19 ottobre 2012.

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