autoritratto

Ho iniziato a vivere, in un altro modo di esistere, l’11 novembre 1958, poi sono nato a Genova il 30 agosto 1959 all’una di notte. Durante la gravidanza, mia madre aveva voglia di fagioli cannellini, cavolo nero e gelato; mi ha dato il nome di un noto attore di quel tempo.
Ho vissuto e fatto quello che, più o meno, credo capiti un po’ a tutti di vivere e fare. Ho cambiato casa 8 volte, quasi sempre a un’ora di automobile da Genova, e oggi abito in un piccolo borgo di montagna posto dietro la sua nuca. Ho concluso percorsi di istruzione universitaria, ma se ci penso bene mi sono formato per lo più da autodidatta, nel bene e nel male. Mio figlio si chiama Lorenzo, come mio padre; mia nipote, Carolina. Ho un impiego a tempo parziale nella direzione Cultura del Comune di Genova. Con Esther condivido la casa, il tempo, il pane e le rose, e curo la casa editrice Temposospeso. Ogni anno compilo almanacchi per chi vive nel mondo rurale o nella sua periferia morale.

Detesto le volgarità e l’uso osceno della parola, l’insulto, il pettegolezzo, le spiritosaggini, i doppisensi, la denigrazione, la discriminazione di chi è intollerante e, ancora di più, di chi è tollerante e se ne compiace. Ho profondo rispetto per chiunque professi una fede, qualunque fede, con convinzione, con discrezione, senza denigrare, senza svalutare, senza irridere quella degli altri, né chi o cosa la rappresenti. E detesto i moralisti, le persone ossessionate dalla purezza e dai divieti, quelle che affliggono gli altri con la loro coerenza e il culto delle regole, ma anche i tristi e gli arrabbiati che predicano mondi nuovi, i bacchettoni che amano puntualizzare, quelli che amano dire “sì, ma” o “sì, però” e chi perverte le idee in ideologie e le considera più importanti e reali delle persone.

Non mi piacciono le etichette, i titoli accademici, le collocazioni, gli schieramenti, le trincee, gli ismi, gli inni e le bandiere. Sono un matriota, per nulla disinteressato a cosa mi accade intorno, né indifferente alle differenze.

“La mia casa è piccola, la mia vita è breve e la mia misura è quella dell’uomo. Senza amarezza e senza ira, ubbidendo semplicemente alle esigenze della vita e della mia responsabilità verso la vita, io volto le spalle alla vita intesa come puro divertimento e vivo come ritengo giusto”. [Pavel A. Florenskij]

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